San Francesco ha fatto la grazia
TARANTO
STORIA DI UN QUADRO, DI UNA FAMIGLIA E DI UNA CITTA’.
Abbiamo seguito con molto interesse e curiosità sui social la storia, che vi evidenziamo qui sul nostro Blog, una bella ed interessante pagina di vita di un tempo che fu di una famiglia collegata intimamente alla città . Una storia scritta da un nostro caro amico emigrante, che partendo da Taranto, la città spartana, si è fatto strada, molta strada nel mondo. Un grande personaggio, un grande illustratore e disegnatore di fumetti che si é affermato con le più famose case editrici del mondo in questo campo. Questo nostro amico si chiama Salvatore “Sal” Velluto e vive negli Stati Uniti, nella città di West Jordan, nello stato dello Utah.

WEST JORDAN
West Jordan è una città degli Stati Uniti d’America, nella contea di Salt Lake, nello Stato dello Utah.


Il racconto di Sal Velluto
A casa di mio nonno Cataldo, in via Leonida, c’era un quadro che faceva paura. Era appeso al muro nella stanzetta da notte di fortuna dove dormivano le mie tre sorelle da ragazzine, cominciando dai primi anni ‘40 fino al 1957.
Impacchettato secondo i più alti standard di sicurezza, percorrerà in questi giorni (n.rd.r. siamo agli inizi di gennaio 2025) circa 750 Kilometri diretto a Taranto, scendendo giù dall’Autostrada Adriatica A14 ed arriverà nel centro storico (che più storico non si può) del capoluogo jonico, accolto a casa di un altro Cataldo, di molto più antica memoria.
Proprio per il fatto di essere in una camera da letto, l’uomo barbuto rappresentato nel quadro assumeva sembianze ancora più sconcertanti nel buio della notte, mettendo alla prova il coraggio delle piccole Annita, Maria Rosaria e Fernanda. Il dipinto aveva fatto parte della nostra famiglia fin dal 1913 quando un’anziana pittrice, alla fine della sua carriera e dei suoi anni lo realizzò, su commissione di mio nonno e intercessione di un’ altro mio antenato che era allora membro di una confraternita di forestieri residenti nella mia città natale di Taranto.

Il dipinto aveva fatto parte della nostra famiglia fin dal 1913 quando un’anziana pittrice, alla fine della sua carriera e dei suoi anni lo realizzò, su commissione di mio nonno e intercessione di un’ altro mio antenato che era allora membro di una confraternita di forestieri residenti nella mia città natale di Taranto.
Il soggetto del dipinto è di carattere mistico e fá riferimento ad un fenomeno prodigioso diventato poi leggenda.
Il quadro in questione, di cui vi svelerò giornalmente l’incredibile storia in brevi puntate, (n.d.r. Sul social Facebook) é ancora in possesso della mia famiglia, ma non per molto, ed é al momento fisicamente lontano da Taranto, ma non per molto.

Impacchettato secondo i più alti standard di sicurezza, percorrerà in questi giorni (n.d.r. siamo agli inizi di gennaio 2025) circa 750 Kilometri diretto a Taranto, scendendo giù dall’Autostrada Adriatica A14 ed arriverà nel centro storico (che più storico non si può) del capoluogo jonico, accolto a casa di un altro Cataldo, di molto più antica memoria.
il racconto di Salvatore continua… Le note strappalacrime di “Torna, ‘sta casa aspetta a te” cantate dal grande Giacomo Rondinella sembravano eccheggiare nell’aria quando il furgone dello spedizioniere lasciò la casa di mio nipote Daniel dalla quale aveva prelevato “il quadro che faceva paura”, imballato alla perfezione e pronto ad affrontare i 750 Kilometri tra Bologna e Taranto. Questa non è storia ma cronaca, in quanto l’evento, che vi sto raccontando è accaduto proprio oggi, 17 gennaio 2025, alle ore 16:10.
L’effige rappresentata nel quadro era stata dipinta a Taranto nel lontano 1913 ed aveva fatto sentire la sua presenza minacciosa, a casa di mio nonno Cataldo, per ben 67 anni. Dopo la scomparsa del nonno, il quadro venne affidato a mia sorella Annita, che sin da bambina ne era stata terrorizzata. Quando la famiglia di mia sorella si trasferì da Taranto a Rovigo e Bologna, il quadro la seguì come un perenne testimone di dove e quando la storia della nostra famiglia era cominciata. A tutt’oggi, questo misterioso quadro e’ stato con noi e fra di noi per un totale di 112 anni.

Mentre il furgone dello spedizioniere viaggia, percorrendo l’Autostrada Adriatica A14 accompagnatemi in un viaggio a ritroso nel tempo e lasciate che vi presenti un altro mio antenato, un certo Angelo De Giovanni, fratello di mia nonna Annunziata, futura sposa di nonno Cataldo. Il dipinto fa riferimento al Miracolo della “Salvietta” (erroneamente promossa ad asciugamano) La Salvietta miracolosa é venerata a Benincasa-Vietri sul Mare (SA) nella Chiesa di S. Maria delle Grazie e San Francesco di Paola.
Questo capitolo della nostra storia, che vi narrerò nella prossima puntata, ha luogo negli anni in cui la popolazione di Taranto passò in poco tempo da 14,000 a 70,000 abitanti uscendo dai confini secolari dell’isola e cominciò a costruire il Borgo Umbertino. Era da poco stato inaugurato il primo Ponte Girevole, e si sarebbe a breve costruita la prima linea tranviaria. Tutto questo grazie alla costruzione di uno stabilimento, o meglio, “un’istituzione” che ancora oggi definisce l’identità tarantina.





In questa atmosfera frenetica, di grandi promesse e grandi sfide, Angelo, Annunziata e Cataldo diventano i protagonisti e gli artefici della nascita del quadro e del suo ingresso nella nostra famiglia. Angelo De Giovanni, classe 1867, era il settimo dei tredici figli di Pellegrino De Giovanni e Margherita Musco. Era nativo di Benevento, come tutti i suoi familiari, inclusa sua sorella minore Annunziata, che diventerà la mia nonna materna. La famiglia De Giovanni “emigrò” a Taranto alla ricerca della Terra Promessa. Per loro Taranto era l’America a portata di mano, perchè si trovava a soli 300 Km di distanza. In quegli anni, insieme a loro, arrivarono così tanti migranti, dalla Campania e altre regioni vicine, da far passare la popolazione di Taranto da 14.000 a 70.000 abitanti.

Immagino il giovane Angelo avviarsi a piedi al lavoro, di mattina presto, tutto imbacuccato, con una coppola in testa e con in bocca quel mezzo sigaro spento che si era messo in tasca la sera prima.

Tra le strade del nascente borgo Umbertino c’e’ già tanta gente, insieme a carri, carretti e carrozze. Il tanfo degli escrementi dei cavalli si mischia al profumo di pane caldo proveniente da “i forni”. La gente per strada grida, canta, si scambia saluti e spesso anche bestemmie. Immagino questa scena come se fosse uscita da “C’era una volta in America”, il film di Sergio Leone, e mi sembra anche di sentire, in sottofondo, la colonna sonora di Ennio Morricone.

Il nostro caro Angelo, (per dirla alla Battisti) come la stragrande parte del traffico, pedonale e non, è diretto verso la stessa meta: una grande ed elegante palazzina bianca dietro un possente cancello di ferro, che puntualmente apre i battenti, alle 7 del mattino, al canto, o meglio, al suono di una sirena.

Ci troviamo cosí davanti alla matrice e la nutrice della rinascita di Taranto, della sua crescita, del suo progresso e del suo futuro: Signori e Signore, ecco a voi… Il Regio Arsenale Militare Marittimo di Taranto, orgoglio della Regia Marina e Mecca del Sud Italia agli inizi del XX secolo.
