Il Santo Irlandese narrato con la Grafica di

SAL VELLUTO

Cataldo, il Santo Pellegrino

Sal Velluto, il noto disegnatore di fumetti tarantino di fama mondiale emigrato negli USA e di cui abbiamo narrato qui nel nostro Blog un’ altro interessante suo racconto “San Francesco ha fatto la Grazia” legato alla sua famiglia, ritorna a scrivere sui social e ci  documenta, con la sua recente illustrazione dello scorso anno  dedicata appunto al Santo Patrono della città dei Due Mari ” San Cataldo”.

di Sal Velluto

Narrazione in 3 parti basata sulla mia illustrazione “Ecce Tarentum”

E’ passato quasi un millennio da quando si è cominciato a scrivere della vita e dei miracoli di San Cataldo.

Le narrazioni a nostra disposizione sono molto spesso discordanti e rendono difficile rappresentarlo artisticamente in un contesto storico ben definito e congruente.

Questa è una scomoda situazione che sussiste anche per altri Santi che, ciò nonostante, come San Cataldo, continuano ad essere oggetto di sincero rispetto, affetto e venerazione.

Prima Parte della narrazione

Per secoli, San Cataldo è stato rappresentato in maniera statica e generica, come un Vescovo del XII secolo.
Quest’ illustrazione, scaturita dalla mia scelta arbitraria di attingere da svariate fonti, presenta, in movimento, un monaco del VII secolo, di ritorno da un pellegrinaggio in Terra Santa, che arriva a Taranto, il luogo indicatogli da Gesù Cristo stesso in un’apparizione.

I vari elementi, o se vogliamo, gli indizi di questa storia sono allo stesso tempo nascosti e in piena evidenza nella mia illustrazione.

Oltre agli elementi storici, ce ne sono alcuni di carattere simbolico, che servono a presentare la storia ad un livello piu’ spirituale.
Oggi, di questi elementi, ve ne presento e ve ne spiego sette:

1) Il braccio proteso verso la città di Taranto, che è apparsa in lontananza, assume le sembianze del gesto benedicente tipico della Chiesa Romana che prevede di tenere diritti verso l’alto il pollice, l’indice e il medio e piegare le altre dita sul palmo.

Le tre dita tese corrispondono al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, la Trinità.

2) I capelli e la barba rossi e gli occhi azzurri sono rappresentativi delle origini celtiche del santo.

Nell’iconografia classica, per secoli, San Cataldo non é stato mai rappresentato con gli occhi azzurri ed i capelli rossi, pur riconoscendone le origini irlandesi.

Da alcuni è stato soprannominato “'U russe”( Il rosso) ma, in questo caso, solo per il colore della sua veste.

3) Il cappuccio e la mantella (o“pellegrina” - che era un rinforzo del mantello) oltre a difendere dalla pioggia e dal freddo rappresentavano l’umile copertura del capo in segno di penitenza e devozione uniti al manto di protezione divina accordata ai pellegrini.

Nel caso di San Cataldo il cappuccio diventa antesignano della Mitria (Una delle 4 insegne di un Vescovo) ovvero il copricapo a due punte (o cuspidi) che verrà adottata dai Vescovi a partire dal X secolo.

Il copricapo, che sia cappuccio o Mitria simboleggia la chiamata del Vescovo come sommo annunciatore, custode e interprete per il popolo di Dio a lui affidato.

Il popolo affidato a Cataldo era quello tarantino e questo copricapo e mantella simboleggiano, insieme a tanti altri, la sua chiamata e missione verso questo popolo.

4) Il Bordone era un lungo bastone di legno dalla punta ferrata e costituiva uno dei tratti distintivi dell’antico pellegrino.

Questo aveva uno scopo di sostentamento, aiutando a mantenere la schiena retta ed offrendo un punto di appoggio perfetto per superare lunghe giornate di cammino.

Senza dimenticare l’uso difensivo contro possibili attacchi di animali selvatici. Il Bordone veniva anche usato per appendere strumenti importanti come la zucca che serviva da boraccia.

In questa illustrazione il bordone del pellegrino si presenta come precursore del “Baculo pastorale” o più semplicemente “Pastorale” (una delle 4 insegne di un Vescovo).

Baculo viene dal latino e significa “bastone”: e si riferisce al bastone con cui il pastore guida e difende il suo gregge.

Il vescovo, modellato su Cristo capo e pastore, deve prendersi cura della fede e della morale del gregge che il Signore gli ha affidato.

Secondo la tradizione, che si fa risalire a S. Ambrogio, il pastorale deve essere appuntito in fondo per spronare i pigri, diritto nel mezzo per guidare i deboli, e ricurvo in alto per recuperare e radunare gli smarriti. Infatti, quando il vescovo porta il pastorale, tiene il ricciolo sempre rivolto verso il popolo.

5) Zucca Bottiglia (Lagenaria siceraria): questa antica pianta regala curiosi frutti non per il consumo ma per diversi usi pratici. Una volta essiccata infatti, la zucca si presta a far da contenitore per liquidi, in passato veniva usata come borraccia per acqua o fiaschetta per l' alcol.

Proveniente dall'Asia, dove veniva usata come contenitore per medicinali prima e di vino poi , le Lagenaria sono le uniche zucche presenti in Europa prima della scoperta del Nuovo Mondo.

In Puglia, la Lagenaria è conosciuta anche come “Zucca del Pellegrino”, perché i pellegrini la utilizzavano nei loro spostamenti, legata alla cintura o al bastone.

A Taranto, come riferiscono Nardone, Ditonno e Lamusta, veniva usata dai marinai, che legavano ad un’estremità di essa una pietra e poi la lasciavano galleggiare come boa, al fine di indicare il tragitto percorso.

6) Medaglia di piombo rappresentante La foglia di palma, simbolo del compiuto pellegrinaggio a Gerusalemme.

Nel Medioevo, un palmiere (latino: palmarius o palmerius) era un pellegrino cristiano, solitamente proveniente dall'Europa occidentale, che aveva visitato i luoghi santi della Palestina e che, come ricordo della sua visita in Terra Santa, riportava con se una foglia di palma o una foglia di palma piegata a forma di croce.

Una volta acquisita l’insegna della palma, il pellegrino pregava Dio per avere la forza di intraprendere il viaggio di ritorno.(Nel caso di San Cataldo, le preghiere rivolte al Signore riguardavano il suo viaggio verso Taranto).

I palmieri erano spesso considerati uomini santi di buona indole per la loro devozione a Cristo durante il pellegrinaggio.

Per questo il termine è spesso usato come sinonimo di "pellegrino". Nella Divina Commedia ( Pg XXXIII 78) Dante Alighieri usa l’espressione “voglio anco, e se non scritto, almen dipinto, / che 'l te ne porti dentro a te per quello / che si reca il bordon di palma cinto”

L'espressione “Bordon di palma cinto” si riferisce appunto al costume dei pellegrini in Terrasanta che nel ritorno cingevano il bastone di una foglia di palma, come testimonianza vittoriosa, e si congiunge quindi alla grande metafora del viaggio ultraterreno visto come pellegrinaggio di purificazione.

7) La croce celtica (o croce di San Patrizio) è un antico simbolo afferente alla tradizione celtica precristiana.

Il significato più comunemente assegnato a questo simbolo è quello solare, e di collegamento tra mondo terreno e mondo celeste, dovuto al fatto che l'asse orizzontale viene ricondotto alla rappresentazione della dimensione terrena mentre quello verticale alla dimensione celeste.

La leggenda vuole poi che a farne un simbolo religioso e cristiano fu San Patrizio (V secolo).

Si racconta che mentre il santo stava predicando di fronte ad una pietra sacra delimitata da un cerchio, durante la sua opera di conversione, tracciò all'interno del cerchio una croce latina e benedì la pietra, creando così la prima «Croce» del cristianesimo irlandese.

Per quanto “La Croce Pettorale” sia diventata una delle 4 insegne di un Vescovo solo nel periodo del Concilio di Trento (XVI secolo), quindi 9 secoli dopo San Cataldo, la mia rappresentazione vuole simboleggiare il forte passato irlandese del Santo ed il suo imminente futuro di vescovo, eletto per acclamazione dalle genti tarantine.

Illustrazione: “ ECCE TARENTUM: San Cataldo pellegrino” di Sal Velluto e Eugenio Mattozzi. © Symbolum ETS.
Stampe autografate dall’autore sono disponibili presso il Gift Shop della Basilica Cattedrale di San Cataldo a Taranto.
I Confratelli nella Cappella della Chiesa dedicata al Santo Patrono della città di Taranto

Seconda Parte della narrazione

Tempo fa decisi di realizzare una serie di singole illustrazioni raffiguranti i personaggi iconici della storia e leggenda tarantine, in una maniera mai vista prima.

Cominciai con Taras in groppa ad un delfino, un immagine che va di 2500 anni indietro nel tempo.

Oltre a presentare l’eroe mitologico in maniera più realistica, dinamica e tridimensionale, (a differenza delle immagini piatte e stilizzate da sempre rappresentate)

lo misi in groppa ad una Stenella Striata, una specie di delfino presente nel Mar Jonio da tempo immemorabile.

Fatto questo, ho avuto la pretesa di affermare col mio disegno che: “ Se Taras fosse realmente esistito e se, cavalcando le onde, avesse raggiunto la sua Terra Promessa in groppa ad una Stenella Striata, quella scena sarebbe apparsa proprio così!”

La stessa logica l’ho applicata a San Cataldo, anch’esso rappresentato da sempre in posa statica ed abiti episcopali anacronistici per la sua epoca.

Quest’iconografia millenaria del Santo non narrava la sua storia e leggenda e, in particolar modo, ignorava la chiamata divina da lui ricevuta sul Santo Sepolcro, e, ancora di più, il comandamento di recarsi a ri-evangelizzare Taranto.

Così è nata, per la prima volta in un millennio, questa mia immagine di San Cataldo pellegrino, in cammino verso la sua destinazione mentre idealmente esclama “Ecce Tarentum” (Ecco Taranto)

Anche qui ho avuto l’ardire di affermare col mio disegno: ”Tutto considerato, se questo episodio fosse accaduto, cosí come descritto in vari documenti, sarebbe apparso proprio così!”

Tra gli elementi rappresentativi di questa mia illustrazione, oggi ve descrivo altri otto. (Indicati dall’8 al 15 nell’immagine)

8 - IL MANTELLO, lungo e senza maniche, solitamente di tessuto grezzo: difendeva dalla pioggia e dal freddo; di notte serviva come coperta. Era chiamato anche “Tabarro” o “Schiavina” perché era un abito da servi, da schiavi.

Sopra aveva una mantella, detta “Pellegrina” proprio perché era un rinforzo del mantello destinata ai viaggi lunghi e disagevoli.

Prima di iniziare il pellegrinaggio, i pellegrini si recavano dal proprio sacerdote per ricevere la santa benedizione.

Tornati a casa facevano testamento perché il viaggio sarebbe stato lungo e rischioso.

Dopo di questo iniziava il rito della vestizione durante il quale i familiari consegnavano al pellegrino le varie componenti dell’abbigliamento.

Questo rituale trova riscontro, ancora oggi nella vestizione sacerdotale e confraternale.

9) Il sacchetto delle ERBE MEDICAMENTOSE veniva tenuto separato dai contenuti della bisaccia per evitarne la contaminazione.

Queste erbe venivano collezionate sul tragitto ed includevano piantaggine, verbena, elicriso, iperico, potentilla, silene e, nella mia fantasia, anche radici di liquirizia, comunemente conosciute come “U’ zippere dôce”.

10) LA BISACCIA ( nell’illustrazione di fattura tardo romana) non doveva avere legacci, perché rappresentava la generosità con cui doveva essere riempita da altri ma ugualmente, se necessario, svuotata dal pellegrino a vantaggio di altri.

Portata in spalla o appesa al bastone, conteneva i vestiti, un paio di suole da scarpe di ricambio, un cucchiaio, una ciotola di cuoio, una rete o una lenza per pescare, e gli strumenti per accendere il fuoco.

Considerando che Cataldo proveniva da monasteri irlandesi dove, fin dal V secolo,vennero prodotti manoscritti in latino, greco ed ebraico, non é da escludersi che egli portasse con se alcuni scritti di preghiere e letture usate nella sua precedente vita monastica.


Un’altro possibile e prezioso contenuto della bisaccia del pellegrino, di ritorno dalla Terra Santa, potevano essere le sacre reliquie (a volte anche il sacro terreno stesso).


Questa pratica di adorazione delle reliquie, ispirò la fede dei cristiani fin dal IV secolo, quando Sant ’Elena di Costantinopoli (Madre dell’imperatore Costantino) si recò in Terra Santa dove scoprì l’ubicazione del sepolcro di Cristo ed i resti lignei della vera croce.


Grazie alle indicazioni e interessamento di S. Elena (nonché di suo figlio, l’Imperatore) fu costruita a Gerusalemme la Chiesa del Santo Sepolcro, che é il luogo dove S. Cataldo s’inginocchiò in preghiera e ricevette la visione che gli comandava di andare a Taranto.

11) IL COLTELLO, anche questo di fattura tardo romana, serviva a tantissimi usi pratici giornalieri oltre alla pulitura della cacciagione e alla deterrenza verso i malviventi o i militi che spesso attaccavano le carovane indifese dei pellegrini. (Le prime crociate sarebbero cominciate circa 400 anni dopo)

12) Un’altra insegna che connota l’autorità del vescovo è L’ANELLO PASTORALE che è segno della fedeltà e dell’unione con la Chiesa, sua sposa.

L’anello da me rappresentato riporta le lettere greche XP (Chi Rho) che sono uno dei primi simboli cruciformi del Cristianesimo.

Il simbolo é formato dall'unione delle prime due lettere della versione greca della parola Cristo. Sebbene tecnicamente, Chi Rho non sia una croce, è associato alla crocifissione di Cristo e simboleggia il suo status di figlio di Dio.

Si ritiene che l'imperatore Costantino sia stato il primo a utilizzare questo simbolo nel IV secolo d.C.

A questo punto c’è da fare una necessaria chiarificazione sulla leggenda de “L’anijedde de San Catavete”.

Ancora oggi si celebra il fatto che poco prima di approdare in terra italica, si scatenò in mare una violenta tempesta che minacciò di affondare la nave sulla quale viaggiava San Cataldo.

In risposta alle invocazioni di tutti i membri dell’equipaggio, San Cataldo gettò il suo anello in mare, facendo cessare la tempesta ed il pericolo.

Nel luogo dove il Santo gettò il suo anello si aprì una sorgente di acqua dolce e limpida, come se il mare avesse risposto alla preghiera.

Questa sorgente sottomarina che in superficie ha l’apparenza di un grande cerchio, prende il nome di “Citro”

A Taranto, ce ne sono decine nel Mar Piccolo, ma nel Mar Grande ne esiste solo una, la più potente e misteriosa che prende il nome di “Anello di San Cataldo”.

Questo sorge proprio dove la tradizione vuole che l’anello sia affondato e si trova a breve distanza dal primo sporgente dell’attuale porto mercantile di Taranto, dove è stato eretto un monumento al Santo.

Secondo questa versione della leggenda, San Cataldo sarebbe quindi arrivato a Taranto via mare, seguendo un'improbabile rotta.

In altre narrazioni, forse più attendibili, il santo ed alcuni suoi associati, dopo essere partiti dal porto di Giaffa e fatto scalo ad Alessandria d’Egitto e a Creta, arrivano in Grecia da dove prendono una nave probabilmente per Otranto.

Durante il tragitto si scatena una tempesta nella quale muoiono anche alcuni membri dell’equipaggio.

San Cataldo seda la tempesta facendo appello al Signore in preghiera, ricordandogli che Lui stesso lo aveva chiamato in missione a Taranto e che aveva bisogno di arrivare a destinazione sano e salvo.

In questa versione della leggenda, il santo sbarca col suo compagno di viaggio nei pressi di Lupia o Lecce in un porticciolo, Portus Adrianus, che da allora cominciò a chiamarsi Porto S. Cataldo.

Di li i due s’incamminano verso Manduria e successivamente per Taranto. Nella mia illustrazione quindi l’anello rimane al dito del santo e questi arriva a Taranto via terra.

13) ALBERI D’ULIVO SECOLARI, caratteristici del territorio tarantino e mediterraneo.

Da questi viene prodotto l’olio che ha posseduto una forte valenza sacra, in questi luoghi, sin dai tempi dell’antica Grecia.

Il simbolismo di questi alberi e di quest’olio si riferisce alla cosiddetta “Unzione Crismale del Vescovo” quando, come parte dell’ordinazione episcopale, il capo del Vescovo viene unto con il “Crisma” (da questa parola deriva il termine Cresima o Confermazione).

Questa unzione implica che il Vescovo deve assomigliare a Cristo, (Cristo, dal greco “Unto”) il consacrato; partecipando al suo sommo sacerdozio essendo chiamato a salvare la Chiesa.

L´ordinazione che fa parte del rito dell’unzione conferisce inoltre al Vescovo la triplice funzione d'insegnamento, di santificazione e di guida.

14) Arrivato presso l’antico Casale di Felline, vicino Manduria, Cataldo ed il suo compagno di viaggio incontrarono UNA GIOVINETTA CHE CUSTODIVA LE PECORE.

Il santo le domandò che paese fosse quello, e quanto distasse da Taranto. Ma la giovinetta era sordomuta, e quindi non rispose.

San Cataldo le restituì l'udito e la favella che le permisero d’ indicare ai pellegrini la strada da percorrere per arrivare a destinazione.

Nell’immagine la pastorella indica con una mano la direzione per Taranto, mentre nell’altra regge un vero bastone da pastore come a significare che a Taranto San Cataldo dovrà adempiere alla sua chiamata di Pastore ed evangelizzatore, in obbedienza al comandamento divino “Vade Tarentum”

15) I CALZARI. Per quanto i sandali o i piedi scalzi fossero caratteristici dell’aspetto povero del pellegrino, durante i lunghi viaggi era davvero difficile rinunciare sempre a proteggere i piedi dal freddo e dalle asperità del terreno.

Sulla strada per Taranto il mio San Cataldo indossa delle coperture di pelliccia alle gambe, tenute insieme da lacci, cosí come venivano spesso indossate dai pastori.

Questa copertura gli proteggerà i calcagni dalla puntura della tarantola, rappresentata in figura, in agguato davanti a lui.

Terza Parte della narrazione

I risultati del mio lavoro di ricerca per narrare la soria di San Cataldo Pellegrino sono concentrati tutti insieme in una sola illustrazione.

La chiave di lettura di quest’ illustrazione stà nel prestare attenzione ad ogni suo dettagio, senza dare niente per scontato. I vari elementi, o se vogliamo, gli indizi necessari a capire questa storia sono allo stesso tempo nascosti e in piena evidenza nell’immagine.

Oltre agli elementi storici, ce ne sono alcuni di carattere simbolico, che servono per presentare la storia ad un livello piu’ spirituale.

L’immagine diventa così un veicolo non solo narrativo ma anche educativo sulla figura, la storia e la leggenda dell’uomo e del Santo.

Detto questo c’è da specificare che la mia illustrazione non ha la pretesa di essere un saggio storico, e ancor più non vuole essere un’immagine iconica atta ad ispirare devozione.

Quello che vuole offrire ė una visione ipotetica e soggettiva di come sarebbe apparso un pellegrino irlandese del VII secolo, di ritorno dalla Terra Santa, inserito in un paesaggio tipico della costa jonica.

Spero che la spiegazione che ho fornito di questa storia illustratata vi sarà stata utile.

Oggi vi parlerò degli ultimi sette dettagli ( indicati dai numeri 16 al 22) e poi vi saluterò con delle importanti considerazioni finali.

16) COMPAGNO DI VIAGGIO. Come tutti i pellegrini, San Cataldo viaggiava in gruppo o carovana, per motivi di mutuo sostentamento e di difesa da animali e malviventi.

Le cronache parlano di molte persone che lo seguirono dall’Irlanda, dirette con lui in Terra Santa, quasi come se facessero da scorta al loro Vescovo (Cataldo era stato Vescovo di Rachau, in Irlanda).

Alcuni dei nomi, di quelli che dalla Terra Santa lo accompagnarono in Italia, sono citati nelle varie biografie: Euperpio, Barfanofrio e Donateo, quest’ultimo un suo congiunto. Si dice che tra questi compagni di viaggio uno solo lo seguì fino a Taranto.

Di questi però non sappiamo il nome. Io ho pensato che quello da me rappresentato sia Donateo, suo parente. (Conosciuto anche come S. Donateo, Vescovo di Lecce)

17) I GABBIANI identificano la vicinanza al mare di questa scena; infatti San Cataldo stà guardando verso il mare e stà esclamando “Ecce Tarentum”.

I gabbiani simboleggiano anche l’angelica protezione divina contro il pericolo ed il male (simboleggiato dalla Tarantola)

18) I ruderi delLE COLONNE DORICHE rappresentano la caduta dell’idolatria, che a quel tempo era tornata a perversare a Taranto.

La leggenda vuole che San Cataldo abbia trasformato in chiese diversi dei templi pagani dell’acropoli tarantina e che avesse ridedicato a Maria Santissima il tempio di Atena e di Nike, dea della Vittoria.

La realtà storica vede però la Taranto del VII secolo conquistata e completamente distrutta (mancava anche delle mura di cinta) dall’avvicendarsi delle conquiste di Goti, Bizantini e Longobardi.

Per riconciliare la realtà storica con la leggenda possiamo pensare che San Cataldo abbia riportato la fede e soprattutto la speranza e carità cristiana ad una città caduta in rovina, materialmente e spiritualmente.

19) LA TARANTOLA, il cui nome risale etimologicamente alla parola Taranto, non solo rappresenta il luogo in cui ci troviamo, ma simboleggia “Il Nemico” (Satana significa nemico) che si oppone col suo morso velenoso al raggiungimento della meta ambita dal Santo.

20) IL RAMO SECCO rappresenta la sconfitta dell’eresia. Tra i tarantini convertiti da San Cataldo, oltre ai pagani c’erano anche degli eretici Ariani (La dottrina trinitaria dell’Arianesimo era stata dichiarata eretica dal concilio di Nicea nel 318-325 d.C.)

La missione affidata al Santo includeva infatti la conversione al Cristianesimo dei tarantini sia pagani che eretici.

21) IL TRIFOGLIO O SHAMROCK. Il simbolismo di questa pianta è strettamente legato alla storia Irlandese.

Infatti, nel V secolo d.C., San Patrizio fu incaricato di diffondere il cristianesimo proprio in queste terre e fu il primo a utilizzare il Trifoglio per spiegare il concetto della Trinità (Padre, Figlio e Spirito Santo) nonché le qualità nobili dell’essere umano (Fede, Speranza e Carità)

Il Trifoglio però, era già considerato una pianta sacra fin dai tempi antichi. Infatti, i celti già fondavano le loro credenze su elementi naturali che costituivano delle triadi. Il tre come sappiamo è un numero perfetto e sacro, poiché rappresenta la perfezione divina, l’eternità, e l’equilibrio tra tutte le energie del creato.

22) Così come il trifoglio simboleggia la terra di nascita e provenienza di San Cataldo, il MIRTO TARANTINO simboleggia il suo arrivo a destinazione e luogo di morte, dopo 15 anni di ministerio, nel 685 d.C. .
Il Mirto Tarantino è una delle piante più caratteristiche della macchia mediterranea. Veniva ritenuto sacro dagli antichi romani e greci, per i quali rappresentava un simbolo di fecondità e buon augurio. Ai vincitori dei Giochi Elei o ai poeti greci era spesso donato un serto di mirto. Era anche un emblema di pace per gli Ebrei. Era molto apprezzato per le sue qualità cosmetiche e proprietà curative già da Assiri e antichi Egizi. Nella Mesopotamia del secondo millennio a.C. era uso ungersi con olio profumato al Mirto, in quanto considerato una fonte di salute e benessere; il profumo diventava così un segno d’amore ed un rito purificatorio.
Il sommo poeta Virgilio, che ben conosceva Taranto, faceva riferimento al Mirto come elemento caratterizzante della costa ionico-tarantina. Nel famosissimo passo delle Georgiche dedicato alla campagna nei pressi del fiume Galeso, Virgilio usa l’espressione “amantis litora myrtos”, cioè “i mirti innamorati delle spiagge”.

In conclusione vorrei condividere con voi un altro obiettivo di questo mio lavoro che e’ quello di valorizzare l’origine e l’identità irlandesi di “Cathal of Rachau” e di rafforzare quel ponte religioso e culturale con le comunità dei fedeli d’Irlanda iniziato, nell’anno 2000, dall’Arcivescovo Benigno Luigi Papa che a quel tempo si recò nelle terre natali di San Cataldo. Attualmente questo ponte si è rafforzato, grazie all’impegno, alle iniziative e alle visite reciproche di mons. Emanuele Ferro, parroco della Basilica Cattedrale di San Cataldo e mons. Alphonsus Cullinan, arcivescovo di Waterford e Lismore, accompagnate dalla benedizione dell’arcivescovo di Taranto, mons. Ciro Miniero. Queste iniziative si estendono anche alle numerose comunità delle Terre Cataldiane che si stanno coordinando in un network per offrire aiuti ai bisognosi di ciascuno dei loro territori nel nome di San Cataldo e seguendo il suo esempio di servo di Gesù Cristo.

Prima di salutarvi vorrei dirvi che questo mio lavoro non è stato per me un motivo per sfoggiare erudizione e talento artistico, bensì un’occasione di tramutare un momento d’incontro tra me e voi in un occasione di sostenere il progetto dell’Oratorio Diffuso della Basilica di San Cataldo a Taranto.

Per fare questo, potrete acquistare delle stampe di San Cataldo Pellegrino, da me personalmente autografate presso il Gift Shop della Basilica Cattedrale. Qui un’intervista rilasciata a Studio 100 in occasione della presentazione dell’opera nel 2024:

Illustrazione: “ ECCE TARENTUM: San Cataldo pellegrino” di Sal Velluto e Eugenio Mattozzi. © Symbolum ETS.
Stampe autografate dall’autore sono disponibili presso il Gift Shop della Basilica Cattedrale di San Cataldo a Taranto.
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