Dal GIORNALE DELL'ARCIDIOCESI DI TARANTO DAL 1964
SAN DOMENICO
Davanti al Rosone
Questa mattina il tempo era clemente con un cielo azzurro e una leggerissima brezza, come si conviene al primo giorno di primavera: il tempo ideale per vivere un’esperienza unica che la mia favorevole sorte mi ha riservato. A giorni sarà ultimato il cantiere di restauro della facciata monumentale della chiesa di San Domenico in città vecchia, sulla quale campeggia un magnifico rosone, capolavoro di scultura del ‘300.
Per intercessione del mio angelo custode, questa volta nelle sembianze del parroco don Emanuele Ferro, oggi sono salito sui ponteggi ed ho visto da vicino quella meraviglia. Mentre raggiungevamo i vari livelli, io e il mio mentore eravamo rapiti dalla storia che raccontano le pietre di questa magnifica fabbrica, e insieme dal panorama della città vecchia che si apriva davanti ai nostri occhi, sempre più esteso man mano che ci avvicinavamo alla vetta. Vista dall’alto, l’isola rivela una bellezza insospettata: altane, cupole, terrazze, pinnacoli, tetti coperti da tegole, garitte.
E poi il mare che a quell’ora di mattina, per effetto del vento favorevole, spargeva il suo profumo inebriante. Ma eccoci davanti al rosone, che è immenso. Ci siamo soffermati ad ammirare il tondo centrale con la raffigurazione dell’Agnello, con il vello scolpito a riccioli, suddiviso in ciocche ben pettinate, e con il muso sorridente, così rassicurante di questi tempi. Da lì si dipartono i raggi che si innestano nella ghiera decorata da un tralcio continuo di foglie, finemente scolpito e incredibilmente integro dopo oltre 700 anni.
Al centro del fogliame, nascosto fino a ieri da uno spesso strato di calce, sapientemente rimosso da una restauratrice innamorata del suo lavoro, che nel frattempo ci ha raggiunto, eccolo, il volto del diavolo, tinto di un cupo color porpora, con le orecchie asinine e un ghigno beffardo. – “Hai poco da ridere Satana, tu resti fuori da questa chiesa e dalla nostra comunità!” – avranno pensato gli scalpellini che hanno realizzato questo capolavoro.
E lo hanno messo lì, bloccato fra le fronde, reso impotente di fronte alla bellezza infinita del mare. Siamo saliti su in cima alla cuspide della facciata e siamo rimasti in silenzio ad ammirare il mondo intorno a noi riconoscendoci fortunati di essere lì in quel momento. Quando saranno smontati i ponteggi, e vedremo risvelata la magnifica facciata di San Domenico, e scorgeremo da lontano il bel rosone, saremo presi da un senso di vertigine a pensare che eravamo lassù, ma forse per pochi istanti abbiamo spiccato il volo con la leggerezza di una felicità quasi fanciullesca.
Don Emanuele Ferro è il parroco della Cattedrale di San Cataldo. Ha studiato presso la Pontificia Università Lateranense
L’arch. Augusto Ressa lavora presso Ministero della Cultura Ha studiato architettura a Napoli. Vive a Taranto
https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_San_Domenico_Maggiore_(Taranto)
L’appellativo “Maggiore” con cui è stata individuata nell’unica monografia oggi pubblicata sul complesso (autori Francesco Fella, Enzo La Gioia) è in realtà inesatta, essendo nota nelle fonti come titolo attribuito all’attuale Santuario della Madonna della Salute o Monteoliveto, nel periodo in cui i Domenicani vi si trasferirono dalla Restaurazione post napoleonica al 1866 (per distinguerlo dal loro convento originario, in degrado, chiamato S. Domenico vecchio).