La Fiera del Mare 2024, un piccolo bonsai
Questa mattina sabato 2 marzo 2024, sulla rotonda del lungomare di Taranto, la città spartana è stata aperta l’edizione “bonsai” di questa storica rassegna.
Ma perche’ “Bonsai”? Perchè nel corso degli anni l’area espositiva, che ha migrato in varie locations è giunta sulla panoramica rotonda con un ridimensionamento giudicato anche da molti osservatori, abbastanza limitativo del ruolo storico, che questa rassegna inaugurata nel 1946 dal primo presidente della Repubblica italiana, Enrico De Nicola ha rappresentato.
La dott.ssa Vincenza Musardo Talò, direttrice dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, Comitato provinciale di Taranto nella prefazione del libro dello scrittore Pinuccio Stea “Taranto e la Fiera del Mare” pubblicato dalla Scorpione Editrice di Piero Massafra, scrive:
Il 16 maggio 1946, la Giunta della Camera di Commercio di Ta-ranto, presieduta da Giuseppe Acquaviva, formalizzava con regolare delibera l’organizzazione di una “Fiera del Mare” nel capoluogo e di allestire la prima manifestazione, possibilmente entro il corrente anno.
Questi gli antefatti di una delle non rare meteore tarantine (si veda, ad es., il coevo “Premio Taranto”), miseramente sparita dopo solo quattro brillanti edizioni, sempre salutata ed esaltata dalla notorietà, dai consensi e dal plauso dell’intera Nazione e non solo.
La visitò per ben due volte un Presidente della Repubblica, Enrico De Nicola, prima, e Luigi Einaudi, poi; arrivarono ministri e imprenditori di tutta Italia.
Fu un felice appuntamento delle migliori energie economiche della Nazione se nel giugno del 1949, una settimana dall’inaugurazione – scrive Stea segretario della “Fiera del Mare” può annunciare con orgoglio e grande soddisfazione che “Tutta l’Italia marinara è presente alla IV edizione: la Marina da guerra, la Confitarma, il Navalpiccolo, l’Unaval, la Finmare, la Fiat, l’Alfa Romeo, i cantieri di Venezia e Taranto, l’Ansaido, la S. Giorgio, la Galilei protagonisti della Rassegna.”
E non mancarono, nelle poche edizioni, numerose presenze di uomini di cultura, economisti e manager vari, mentre la osannarono i cronisti di tutte le testate della stampa nazionale.
In ultima analisi, l’Autore, utilizzando con sagacia e intelletto le diverse carte d’archivio, tutte di prima mano, e le altre fonti di que-gli anni, i quotidiani in particolare, con questo suo studio ci consegna una intelligente lezione di storia nostrana, che certamente invita tutti a riflettere su quanto e come la miopia di pochi, con un popolo inerte al proprio fianco, possa nuocere a ogni forma di benessere di ognuno e di tutti.
Oggi, ecco che Giuseppe Stea riaccende i riflettori su quella trascorsa vicenda, su quella stra-ordinaria iniziativa, lontana oltre settanta anni, e su quei lesivi e perniciosi atteggiamenti di alcuni tra quelli che gestivano il potere, che portarono alla gelata di un provvidenziale raccolto, che già si mostrava ricco di risvolti e di promesse esaltanti.
Eppure quelle edizioni della Fiera valsero come promesse nuove, come felici auspici non solo per l’economia e la cultura di Taranto e la sua regione, ma segni tangibili che invitavano all’apertura di finestre nuove, che guardavano fiduciose l’altra sponda dell’Adriatico e l’intero Mediterraneo, da sempre investito dalla Storia come splendido laboratorio interculturale per tutti popoli che si affacciano sulle sue acque.
Insomma, lo spegnersi di quell’esperienza, che valeva una svolta nell’economia di Terra ionica, derivò da un intreccio di `punti di vista” diversi – scrive Stea – che fece sentire i suoi effetti negativi, che causarono i continui slittamenti nell’organizzazione della V “Fiera del Mare”• e poi, quando all’orizzonte si prospettò l’ipotesi dell’insediamento a Taranto del IV Centro siderurgico e quindi di una prosecuzione sostanziale di un rapporto profondo con l’economia di Stato, per la “Fiera del Mare” fu la fine di ogni speranza.
Ecco abbiamo voluto rimarcare solo alcuni aspetti storici descritti nel libro di Stea, che costituiscono ancora oggi un ostacolo alla crescita di questa manifestazione tarantina.
Eppure questa nostra bellissima città ha enormi potenzialità di sviluppo alternativo alla monocultura dell’acciaio. Anche l’attualità e contro questa visione con l’annullamento del progetto Ferretti e degli Yacth, che avrebbero dato ossigeno alla nostra economia.
Sia la politica nostrana ma soprattutto quella romana e barese non riescono colpevolmente a trovare soluzioni, che impediscano l’emigrazione dei nostri giovani. Una classe dirigente, che da molti anni stiamo regalando al mondo.