Capitolo 13 - I custodi del mare

Un fiume è molto più che acqua corrente.”
Richard Bangs
Fu Zane a parlarle per la prima volta degli Isolani, in una sera senza stelle, sedute su un tetto con il rumore dei rimorchiatori a tagliare il silenzio.
«Ci sono ancora persone che ascoltano il mare, Thalassia. Che tracciano rotte invisibili e parlano con i delfini. Li chiamano Isolani, ma in realtà sono ponte. Tra ciò che siamo stati, e ciò che potremmo ancora diventare.»
Quelle parole erano rimaste a lungo sospese dentro di lei, come sabbia nel fondale. Ora, finalmente, avevano trovato corrente.
E così, una mattina, Thalassia salpò. Lasciò l’approdo stanco della città alle spalle e seguì le coordinate tracciate a matita da Zane, verso le isole dove il mare ancora parlava sottovoce.
Il mare sembrava dormire, ma sotto quella calma apparente c’era un respiro potente, lento, come il cuore di un gigante addormentato.
Thalassia lasciò che il vento le spettinasse i capelli, mentre la barca scivolava sul blu denso del Mar Grande. L’acqua era più scura di quanto ricordasse, ma viva. Ogni increspatura era un battito, ogni riflesso un sussurro.
Le isole apparvero all’orizzonte come due lembi di memoria geologica: San Pietro, più lontana e brulla, e San Paolo, la più piccola, incastonata tra rocce e ginestre, protetta dal tempo e dai radar.
Lì vivevano gli Isolani. Scienziati, navigatori, subacquei, custodi silenziosi di una bellezza antica.
Non avevano bandiere, ma conoscevano il mare per nome.
Il molo era poco più che un tronco rinforzato con corde marine e alghe secche. Thalassia scese scalza, il legno caldo sotto i piedi. Un odore di salsedine e mirto le accarezzò le narici, insieme a quello più pungente del legno impregnato di storie.
«Benvenuta,» disse una voce maschile.
Era Aris, pelle ambrata e lineamenti scolpiti dal sole. Le tese una mano callosa. Dietro di lui, una donna le fece cenno di seguirla.
Si faceva chiamare Nerea. Era una biologa marina, ma anche qualcosa di più. Aveva lo sguardo di chi ha visto troppo per restare in silenzio, ma anche troppo per restare al sicuro. Lavorava per un ente di ricerca. Ufficialmente.
«Non posso parlare a nome di nessuno,» disse. «Ma posso mostrarti ciò che vediamo.»
Il centro degli Isolani era una costruzione circolare in legno e pietra marina, incastonata tra gli arbusti, con grandi finestre affacciate sul mare. All’interno, libri ingialliti, ossa di cetacei, fotografie appese con mollette, log di avvistamento scritti a mano.
Thalassia si fermò davanti a una parete coperta da una sola immagine: una madre delfino che spingeva il cucciolo morto con il muso, senza lasciarlo affondare.
«Lutto cetaceo,» spiegò una ricercatrice dagli occhi stanchi. «Succede più spesso di quanto pensi.»
Fuori, un giovane stava ripulendo una tartaruga da residui di catrame. Un altro, con la maschera da sub ancora gocciolante, sistemava dei campioni di plancton in provette etichettate, mentre un altro sistemava l’ennesima rete fantasma catturata.
Ogni gesto era cura. Ogni giorno, un atto d’amore.
Lì, la scienza non era neutra. Era schierata dalla parte della vita.
Nerea aprì un raccoglitore ad anelli, coperto da una rete di plastica consumata.
Dentro, il mostro:
– Il progetto per una nave rigassificatrice ormeggiata a poche miglia.
– La scheda tecnica di un impianto rifiuti da collocare in una delle darsene industriali.
– Le rotte dei delfini sovrapposte a corridoi di traffico marittimo.
– I punti di detonazione per la posa delle strutture.
– I livelli di rumore sottomarino stimati.
– Le anomalie comportamentali già riscontrate: spiaggiamenti, disorientamento, abbandono dei cuccioli.
«È una guerra silenziosa,» sussurrò. «Ma non ci saranno sirene, né evacuazioni. Solo scomparse. Una alla volta.»
Quella sera, uscirono in mare. Una barca a vela, un vecchio catamarano adattato con attrezzature da ricerca. Il cielo era viola e oro, e la linea dell’orizzonte sembrava trattenere il respiro.
«Se vorranno farsi vedere, lo faranno,» disse Aris. «Ma non per noi. Per loro stessi.»
Stavano per perdere le speranze, quando un guizzo infranse la superficie.
Poi un altro. E un altro ancora.
Un piccolo gruppo di delfini si avvicinò alla prua, lenti, solenni. Nessuna acrobazia. Nessuna esibizione. Solo la presenza.
Uno si fermò proprio sotto il punto in cui Thalassia si era inginocchiata.
La guardò.
Non con gli occhi, ma con tutto l’essere.
E poi si immerse, scomparendo come un segreto condiviso.
Il silenzio che seguì fu reverente. Nessuno parlò.
Thalassia rimase immobile, il cuore colmo di un’intuizione primordiale.
I delfini non erano solo presenza. Erano custodi.
Specie architrave, li definivano gli Isolani: pilastri viventi, la cui salute rifletteva quella dell’intero ecosistema. Dove nuotavano loro, la rete della vita era ancora intatta. Dove sparivano, restava solo il rumore vuoto del degrado.
Il Golfo di Taranto, con le sue profondità vertiginose — quasi 2500 metri nella sua porzione più profonda, la cosiddetta Taranto Valley — custodiva un segreto oceanico nel cuore del Mediterraneo. Quei fondali celavano canyon sottomarini, sorgenti idrotermali, correnti cariche di nutrienti. Era un crocevia invisibile tra mondi sommersi, il punto in cui il Mediterraneo si faceva abisso.
E proprio per questo, i delfini vi tornavano. Per nutrirsi, per comunicare, per generare vita.
Tornavano come si torna a casa.
«Se li perdiamo,» disse Aris sottovoce, «perderemo molto più che una specie. Perderemo la lingua del mare.»
Thalassia si voltò verso l’orizzonte, e le parve che il suono lontano di un respiro — un soffio d’aria e acqua — la stesse chiamando.
Non una voce umana, ma la voce dei delfini.
Non un richiamo da seguire, ma una rotta da tracciare.
Quella notte, sulla spiaggia dell’isola, gli Isolani accesero un fuoco. Non parlavano. Ascoltavano.
Il vento portava con sé il rumore delle onde, delle navi in lontananza, e qualcosa di più sottile: la coscienza.
Thalassia prese un gessetto bianco.
Sul legno bruciato scrisse:
“Chi conosce, difende. Chi ama, resiste.”
Poi si voltò verso Nerea.
«Mandali a me. I dati. Le mappe. Le prove.
Li userò.
E non sarò sola.»