Di Augusto Ressa , architetto (articolo da “Punti di Vista Press”)

https://www.facebook.com/augusto.ressa,

Abbiamo ancora negli occhi le meravigliose immagini di Napoli commentate da Alberto Angela nello speciale “Stanotte a Napoli” del 25 dicembre scorso.https://www.youtube.com/watch?v=-z4z0LspC64

Vicoli del Centro Storico di Taranto (Foto Marcello della Rena)

Non ho potuto fare a meno di pensare, nell’apprezzare l’interessante trasmissione, al rapporto che intercorre, a vari livelli, fra Napoli e Taranto, rapporto che non è mai stato ben raccontato e messo sufficientemente in evidenza. Eppure le due città fatte le dovute proporzioni, si somigliano, e “molta Napoli” è a Taranto, più di quanto non si possa immaginare.


Da Huffington Post, Lina Wertmüller

Non è un caso se una regista del calibro di Lina Wertmuller scelse di girare gran parte delle sequenze del film “Io speriamo che me la cavo” proprio a Taranto, ricreando da noi il contesto dei vicoli napoletani.

Più di recente, la Rai ha proposto la serie del Commissario Ricciardi girata fra i vicoli della Città Vecchia, divenuta per l’occasione la Napoli degli anni ’30.

Certo, molto dipende dal mare, protagonista indiscusso delle due città, ma anche da una certa dimensione diffusa di degrado che caratterizza i loro centri storici, dove tuttavia convivono resti del periodo classico, greco e romano ed è possibile ancora leggere una straordinaria stratificazione storica che, percorrendo tutto il medioevo, raggiunge le massime vette nel settecento.

Alberto Angela ci ha condotto all’interno della Cappella Sansevero, dove è custodito il famoso Cristo Velato del Sanmartino, il più celebrato scultore napoletano dell’epoca.

Questa straordinaria scultura è una star indiscussa del centro storico di Napoli, ed è opportuno prenotare con largo anticipo la visita della cappella, se non si vuole rischiare di fare file chilometriche per accedervi.

Le statue del Sanmartino nel Cappellone della Cattedrale di San Cataldo (Foto di Max Perrini)

Quanti sanno che Taranto custodisce ben otto statue del Sanmartino, nel Cappellone di San Cataldo?

Nemmeno a Napoli è possibile godere della presenza in un unico luogo di un così grande numero di capolavori del massimo scultore del settecento del Regno di Napoli, e tutte di grandissima qualità.

Abbiamo anche ammirato il palazzo detto dello Spagnolo alla Sanità, accompagnati da Marisa Laurito.

Le scale aperte sono la componente caratterizzante dell’architettura del Sanfelice, altro grande interprete del tardo barocco napoletano.

Palazzo Pantaleo (Foto Cinzia Amorosino)

Taranto presenta, in versione minore, rimandi alle invenzioni del Sanfelice, come nel Palazzo Pantaleo, ma anche nel Palazzo Carducci, dove la scala a doppio rampante con le quinte aperte sul cortile è un chiaro richiamo ai palazzi del rione Sanità.

Abbiamo anche ammirato le tarsie marmoree della chiesa della Certosa di San Martino, dell’architetto Fanzago, lo stesso che progettò i rivestimenti marmorei del Cappellone di San Cataldo e probabilmente di altre cappelle della Cattedrale, andate distrutte nel restauro degli anni ‘50.

Dalla Campania provengono anche le pavimentazioni maiolicate settecentesche, ma anche ottocentesche, le cosiddette riggiole, dei palazzi nobiliari di Taranto, perlopiù realizzate nelle fornaci di Vietri.

Sarebbe molto interessante realizzare un catalogo dei manufatti campani utilizzati nella costruzione degli edifici tarantini.

Ma Napoli è anche il luogo dove i talenti tarantini poterono svilupparsi ed acquisire la giusta fama.

Statua di Paisiello in Piazza del Plebiscito a Napoli

E’ il caso di Giovanni Paisiello, che partendo da Taranto all’età di 16 anni, studiò a Napoli divenendo uno dei massimi interpreti della cosiddetta Scuola Napoletana, apprezzata in tutto il mondo, al punto che fu richiesto alla corte di Caterina di Russia e subito dopo dall’imperatore Napoleone Bonaparte, che gli commissionò le musiche per la messa solenne per la sua incoronazione a Notre Dame.

Mario Costa

Facendo un salto di oltre un secolo, sempre in campo musicale ricordiamo il tarantino Mario Costa, trasferitosi a Napoli dove scrisse le più belle canzoni dell’epoca su testi di poeti napoletani, come Salvatore di Giacomo.

Sua è la celeberrima Era de Maggio.

Non dimentichiamo poi gli scambi commerciali fra i due grandi porti. A riguardo, custodita nella reggia di Caserta, vi è la splendida veduta del porto di Taranto dipinta da Filippo Hackert per volere del re Ferdinando IV.

Mons. Giuseppe Capocelatro

Si potrebbe continuare richiamando l’influenza esercitata su Taranto da un nobile napoletano, divenuto sul finire del ‘700 arcivescovo di Taranto, quel Mons. Capecelatro che dette un nuovo volto all’Episcopio, introducendo fra le altre la moda per le cineserie (vedi il salone principale del primo piano del Palazzo) e che costituì a Taranto la prima biblioteca aperta al pubblico, tutt’ora attiva e di recente restaurata.

Il ponte girevole di Taranto (Foto di Michele Lavecchia)
Il prestigioso MArTA – Museo Archeologico di Taranto

Il ponte girevole, simbolo della Taranto post unitaria, fu realizzato dal napoletano Alfredo Cottrau, geniale ingegnere e imprenditore, uno dei massimi progettisti di strutture in ferro dell’epoca.

Quanto all’archeologia, i musei archeologici di Napoli e di Taranto costituiscono le massime istituzioni nel settore, l’una soprattutto per l’arte e la storia Romana, la seconda per la storia della Magna Grecia.

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