Ode al Convegno sulla Magna Grecia

Anche quest’anno il prestigioso appuntamento accademico tarantino si aggiudica la Medaglia di Rappresentanza del Presidente della Repubblica

da Corriere di Taranto – Alessandro Greco

C’è un ambito (non solo uno, in verità) in cui il nome di Taranto vola alto, simbolo di prestigio e di elevata competenza scientifica. Parliamo della Storia e dell’archeologia. E non solo perché Taranto fu, in tempi remoti, una delle più grandi potenze della Magna Grecia, ma anche e soprattutto perché da oltre sessant’anni resiste caparbiamente un’istituzione che di quella Storia si occupa, promuovendone lo studio ai massimi livelli.

Parliamo ovviamente del Convegno Internazionale di Studi sulla Magna Grecia, che si svolge a Taranto ininterrottamente dal 1961. Il motivo per cui ne parliamo è semplice: ancora una volta il Convegno si è aggiudicato la Medaglia di Rappresentanza del Presidente della Repubblica. Si tratta di un riconoscimento che il Quirinale (come si può leggere sul sito della presidenza della Repubblica) concede ad eventi di alto rilievo in campo culturale, scientifico, artistico, sociale e sportivo.

Il Convegno sulla Magna Grecia, in questo senso, è un esempio di lungimiranza dei suoi creatori, che pensarono di istituirlo a Taranto per dare ai massimi esperti in materia un ritrovo fisso, in una delle città che di quella Storia furono protagoniste. Ma è anche un esempio di costanza e di capacità organizzativa da parte di chi lo ha saputo portare avanti nel corso di tutti questi anni.

Vale la pena, allora, andare a riascoltare il racconto che di quegli inizi “eroici” ci fece l’attuale presidente dell’Istituto per la Storia e l’Archeologia della Magna Grecia, il prof. Aldo Siciliano, in una lunga intervista. Una chiacchierata di cinquanta minuti che potete riascoltare o leggere qui, dalla quale si possono trarre numerosissimi spunti.

Primo: «innamorarsi di Taranto è facile». Infatti, quasi tutti i protagonisti di questa lunga storia non sono (o non erano) tarantini di nascita. Hanno scelto la nostra città, anche in anni in cui magari non era né facile né scontato puntare su di essa, tanto più per uno sviluppo culturale.

Secondo: per dare continuità ad un progetto è necessario non tanto parlare di giovani, ma dare a giovani formati e preparati occasione di formarsi e prepararsi ulteriormente, stando accanto ai “grandi” e assumendosi gradualmente responsabilità.

Terzo: soprattutto nel mondo della cultura è necessario fare ciascuno un passo verso l’altro, uscendo dalla comodità delle proprie torri d’avorio, “sporcandosi le mani” nel confronto senza la pretesa di possedere in esclusiva la migliore lettura possibile dei fatti e delle prospettive. Creando, invece, autentici “cenacoli intellettuali” in cui le idee si completino e si perfezionino, come accadde con l’idea originaria del Convegno.

Quarto: la cultura è scienza, e come tale ha bisogno dei propri spazi. Per cui non ha senso scandalizzarsi perché un evento di alto profilo come il Convegno è “da addetti ai lavori”, ma anzi creare il più possibile contesti in cui il sapere possa specializzarsi e scendere nel profondo delle cose, per poi trovare canali di emersione che lo portino alla luce per essere ammirato da tutti.

Quintoun patrimonio deve essere custodito e tramandato. Vale per Taranto e per la sua millenaria Storia. Vale per un’esperienza come quella del Convegno, che da ormai molti anni è nelle mani del prof. Siciliano, che con costante impegno la porta avanti nonostante difficoltà logistiche non di poco conto. Proprio per questo, anziché limitarci ad esaltare la grandezza di ciò che è stato, vogliamo cogliere l’occasione di questo prestigioso riconoscimento per rilanciare un appello che abbiamo già ospitato in occasione della nostra intervista: quello di trovare una sede adeguata e dignitosa per la grande biblioteca dell’ISAMG, che solo in parte è fruibile presso la sede di Palazzo D’Aquino e che, invece, potrebbe essere un punto centrale della trasformazione di via Duomo in una vera “strada della cultura”.

Un sogno possibile, per cui vale la pena lavorare.

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